Acrilammide: cos’è, come si forma e come ridurne il rischio. - Food Safety Lab

04 Dic 2017 | Scritto da  Food Safety Lab
Acrilammide: cos’è, come si forma e come ridurne il rischio.

L’uomo da sempre ha utilizzato il calore per cucinare. Tuttavia, durante il processo di cottura, utile anche per ottenere i sapori, gli odori e i colori più gratificanti, si possono formare alcune sostanze dannose.

Una di queste è l’acrilammide che negli ultimi anni ha destato preoccupazioni e un grande interesse scientifico e mediatico. L’acrilammide è nota da tempo in campo industriale soprattutto per la produzione di materie plastiche, colle, carta e cosmetici.

L’esposizione accidentale dei lavoratori ad alti livelli di questa sostanza ha portato alla sua identificazione come potenziale neurotossico e cancerogeno per gli esseri umani. La sua assunzione può provocare tumori, danni al sistema nervoso centrale e periferico oltre all’apparato riproduttivo.

È nel 2002 che alcuni ricercatori svedesi evidenziarono la presenza di acrilammide negli alimenti e, con successive indagini, fu ritrovata in molti degli alimenti trattati con alte temperature. L’acrilammide, infatti, si formerebbe durante i processi di cottura degli alimenti con temperature superiori ai 120°C; inoltre, al di sopra dei 180°C la formazione dell’acrilammide crescerebbe ulteriormente.

Le prime indagini ne evidenziarono la presenza in patate fritte, biscotti, crackers, crostini di pane, cereali per la prima colazione, patate arrosto, prodotti di panetteria e caffè. Altre indagini hanno rilevato la presenza di acrilammide nella frutta secca, nella frutta al forno, nelle olive nere e in noci tostate.

Il processo chimico che porta alla formazione dell’acrilammide è noto come “reazione di Maillard” ed è la stessa reazione che rende i cibi abbrustoliti e anche più gustosi. L’acrilammide ha un effetto genotossico e cancerogeno, in altre parole è una sostanza potenzialmente in grado di mutare il DNA aumentando il rischio di sviluppare il cancro nei consumatori di tutte le fasce d’età. Aumenta il rischio di Tumore all’endometrio, ovaio e reni e produce effetti nocivi su sistema nervoso, sviluppo prenatale e postnatale e sulla riproduzione maschile. Proprio per questi suoi effetti l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) dichiara che non si può definire una dose “sicura” ma una dose con effetto “trascurabile” pari a 0,17 mg per Kg di peso corporeo al giorno. In considerazione del fatto che la dose “innocua” dipende dal peso corporeo, i bambini rappresentano la fascia d’età più a rischio.

Come riconoscere l’acrilammide negli alimenti?

Il colore degli alimenti è di aiuto per individuare la presenza di acrilammide. Nello specifico è il colore dal marroncino al marrone scuro che possiamo osservare sulle patate, il pane, la pizza, i biscotti, i cereali da colazione, le fette biscottate ecc., a indicarci chiaramente la presenza di questa sostanza cancerogena. Più sarà scuro il colore ed estesa l’area interessata, maggiore sarà la quantità di acrilammide. Se il colore, invece, è dorato la presenza di acrilammide potrebbe essere “trascurabile”. Nella mollica del pane o nelle patate bollite, non c’è acrilammide.

Come ridurre il rischio di acrilammide negli alimenti?

Secondo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) gli ingredienti, le condizioni di conservazione, la tipologia di cottura e la temperatura alla quale il cibo viene cotto sono fattori che influenzano la formazione di acrilammide negli alimenti e, di conseguenza, la nostra esposizione a questo composto chimico.

Per limitare la sua assunzione è sufficiente adottare qualche piccolo accorgimento:

- evitare prodotti troppo carbonizzati quando acquistiamo del pane o dei prodotti da forno;

- prestare attenzione al grado di cottura quando ci troviamo a consumare pasti fuori casa;

- qualora si presenti la necessità, asportare ed eliminare le parti annerite degli alimenti (per esempio le bruciature presenti sul bordo della pizza);

- quando cuciniamo, tenere sotto controllo la fase di cottura, in particolare il tempo e la temperatura.

Da studi condotti dall’EFSA è emerso che per friggere le patate è meglio non superare i 170-175°C. Nelle prove di laboratorio è stato rilevato che più la temperatura e il tempo di frittura aumentano, più aumentano anche le concentrazioni di acrilammide. L’aumento avviene già a temperature di poco superiori a quelle consigliate, ovvero fra i 195 e i 225°C e con tempi tra i 16 e i 24 minuti. Quindi per friggere, cuocere al forno, grigliare o tostare, la regola generale da seguire è quella di ottenere una leggera doratura gialla, e non una bruciatura di colore bruno. Un ulteriore consiglio è quello di conservare le patate al riparo dalla luce e dal calore, e non in frigorifero. Se conservate al freddo infatti i livelli di zuccheri nel tubero aumentano e quindi potenzialmente anche la formazione di acrilammide in fase di cottura.

 

Food Safety Lab

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