Alimentazione. Oli buoni e oli cattivi: impariamo a conoscerli. - Food Safety Lab

03 Nov 2017 | Scritto da  Food Safety Lab
Alimentazione. Oli buoni e oli cattivi: impariamo a conoscerli.

Il piacere di un buon olio è anche il piacere di sceglierlo con l’attenzione che merita.

Quale olio fa bene, quale fa male e qual è il più indicato per la frittura?

GLI OLI CATTIVI

Al primo posto tra gli oli peggiori c’è l’olio di palma, olio pericoloso e dannoso. È un acido palmitico, quindi un grasso saturo che non può essere idrogenato. Negli articoli scientifici è correlato con lo sviluppo del diabete, perché gli effetti dannosi di questo acido incidono sulle cellule betapancreatiche che producono l’insulina, danneggiandole. Esperimenti condotti sia sui topi che negli uomini lo hanno dimostrato.

Al secondo posto tra gli oli cattivi troviamo l’olio di colza. È un olio che viene fatto passare come olio vegetale, però non è un olio spremuto a freddo (come l’olio extravergine d’oliva). L’olio di colza, anch’esso ampliamente usato dall’industria alimentare, comincia la sua diffusione nel XIX secolo come olio per le lampade e come carburante ecologico. Contiene l’acido erucico: lipide cardiotossico che può causare danni al fegato e alla salute in generale. Diffuso perché molto economico, bisogna star attenti perché molti punti di ristorazione lo usano per la frittura.

GLI OLI BUONI

Tra gli oli buoni c’è sicuramente l’olio di arachidi. È molto grasso ma ha caratteristiche simili all’olio d’oliva classico. Ha 900 calorie ogni 100g. Non contiene glutine né carboidrati. Contiene la vitamina E che è un antiossidante. Indicato per le fritture. Il suo punto di fumo è a 230°. Questa caratteristica ne consente l’utilizzo in alternativa all’olio d’oliva.

Olio di semi di lino: ha una buona quantità di omega 3, abbassa il colesterolo e protegge dalle malattie cardiovascolari. Ideale per i condimenti.

Olio di canapa: è un olio di più difficile conservazione. Tra i 20° e i 30° è a rischio. Oltre i 40° perde le sue proprietà. Irrancidisce facilmente. Agisce positivamente sul sistema immunitario come antinfiammatorio. Contiene sia omega 3 che omega 6. Si chiama olio di canapa perché contiene il cannabidiolo. È della famiglia della cannabis.

Olio di semi di girasole: ideale per le fritture. Contiene l’acido linoleico che è un grasso insaturo e molti grassi. Anch’esso contiene in piccola parte l’acido palmitico, è però molto ricco di vitamina E e di vitamina B ed è un potente antiossidante, quindi fa bene al sistema immunitario e ai muscoli. Il suo punto di fumo (ovvero il punto di ebollizione dell’olio) è a 170°.

Olio di mais: contiene 900 calorie ogni 100g e acidi grassi polinsaturi come gli omega 6Zero colesterolo. Consigliato per le fritture. 

Olio di riso: da usare esclusivamente a crudo. In oriente lo chiamano olio della salute perché contiene i fitosteroli (ipocolesterolizzanti) sostanze che riducono colesterolo e trigligeridi.

Olio di soia: è un olio che non va utilizzato per la frittura né per la cottura, ma per i condimenti. Contiene vitamineomega 6 e la vitamina K che aiuta il sangue nel processo di coagulazione. Bisogna star attenti che non sia ogm e che sia utilizzato solo a crudo per i condimenti, altrimenti sprigiona sostanze tossiche.

L’OLIO DI OLIVA

Il re degli oli e dei condimenti è l’olio d’oliva. Sicuramente il migliore per le sue caratteristiche, con un’acidità non superiore allo 0,8%. Protegge dal rischio cardiovascolare. È il più consigliato per le sue proprietà e costituisce una parte fondamentale nella dieta mediterranea. Contiene gli omega 3, i grassi “buoni” presenti negli alimenti più pregiati come il pesce e le noci, che riducono il rischio di malattie cardiovascolari.

A livello internazionale l’olio d’oliva è diviso in tre grandi macro categorie:

olio extravergine d’oliva. Ottenuto dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici con un’acidità massima di 0,8 g per 100 g (ossia dello 0,8%);

olio vergine d’oliva. Ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici con un’acidità massima pari al 2%;

olio lampante d’oliva. Un olio che presenta diversi difetti, compresa un’acidità che supera il 2%, e per tale motivo sottoposto a trattamenti di deacidificazione, deodorazione e decolorazione che lo rendono inodore, incolore e insapore.

Di queste tre grandi categorie solo le prime due sono adatte al consumo umano tal quale. Il terzo tipo, il lampante, chiamato così poiché in passato veniva utilizzato per alimentare le lampade a olio, ha infatti un odore sgradevole e non è adatto all'alimentazione.

La classificazione dell’olio viene effettuata attraverso analisi chimiche e test organolettici. In questo campo il personale chimico di Food Safety Lab è costantemente impegnato nella valutazione di importanti parametri come acidità, numero di perossidi e assorbimento di luce UV che indicano un’alterazione di tipo ossidativo e che mettono in evidenza processi di raffinazione o fenomeni di ossidazione ed invecchiamento dell’olio.

Food Safety Lab

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