Intossicazione da istamina da consumo di alcune specie ittiche. - Food Safety Lab

17 Nov 2017 | Scritto da  Food Safety Lab
Intossicazione da istamina da consumo di alcune specie ittiche.

La prima allerta risale al 12 maggio 2017, quando il Ministero della salute spagnolo (AECOSAN) dirama un comunicato, ripreso sul sito del Ministero italiano, che focalizza l’attenzione sul rischio da intossicazione alimentare legato al consumo di tonno fresco con alti livelli di istamina. Questo focolaio di sindrome sgombroide in Spagna avrebbe già colpito 155 persone. Il problema coinvolge anche altri paesi europei come Francia, Germania, Italia e Portogallo destinatari di alcuni lotti contaminati. Da allora i richiami di prodotto sul mercato segnalati al Sistema di allerta rapida europeo (Rasff) sono stati numerosi, e ora si registrano anche in Italia casi di sindrome sgombroide in diverse regioni.

Che cosa è l’istamina?

L’istamina è una sostanza molto importante per il nostro organismo, ma se ne consumiamo in eccesso con il cibo può provocare problemi anche seri, particolarmente in soggetti che presentano intolleranza a questa sostanza. Alcuni pesci non ben conservati possono presentare un contenuto di istamina molto elevato che dà luogo a una serie di sintomi molto spiacevoli: si parla di Sindrome Sgombroide. L’istamina è una sostanza termostabile (che non viene inattivata dalla cottura) che si forma dalla denaturazione di una specifica proteina, l’istidina, presente in maggiore quantità nelle carni di alcuni pesci. Le quote più elevate di istidina sono presenti nel tessuto muscolare di alcune specie ittiche a carne rossa quali tonni, sgombri, sardine, aringhe e acciughe. Una piccola parte di istamina si sviluppa nei tessuti di questi pesci con il diminuire della freschezza, mentre la maggior parte viene prodotta dalla proliferazione di batteri che, a seguito della errata esposizione dell’alimento, per un tempo prolungato, a temperature superiori ai 6-10°C, possono indurre la formazione di elevate quantità di istamina in grado, in assenza di alterazioni di odore o di sapore, di causare anche gravi casi di intossicazione alimentare nel consumatore.

Quali possono essere i problemi per il consumatore?

Una quantità pari o superiore ai 500 milligrammi per kg è riconosciuto essere il livello soglia oltre il quale la maggior parte delle persone manifestano una sintomatologia contraddistinta da vomito, nausea, crampi addominali, emicrania, arrossamento del viso e del collo, vertigini, caduta della pressione sino, nei casi più gravi, ad arrivare ai fortunatamente rari quadri clinici dello shock istaminico che può addirittura condurre alla morte. Si tratta dunque di una sintomatologia gastro-enterica e simil-allergica.

Come evitare problemi?

La conservazione dei pesci a basse temperature è in grado di rallentare in misura consistente la produzione di istamina da parte dei batteri. Questo richiede grande attenzione, da parte di tutti i protagonisti della filiera dei prodotti ittici, nel rispetto della catena del freddo: dal momento della cattura, alle diverse fasi di commercializzazione, al trasporto sino all’esposizione per la vendita al consumatore.  Anche il cittadino ha però grandi responsabilità: in molti casi infatti le caratteristiche dell’alimento ottimali al momento dell’acquisto sono alterate da comportamenti scorretti durante il trasporto dal punto vendita a casa e nella conservazione presso il proprio domicilio. È quindi importante, oltre ad un acquisto attento che valuti lo stato di freschezza (ad esempio per i pesci: occhio convesso, colore lucido) e come il prodotto è esposto (su banco refrigerato, con abbondante ghiaccio sotto ed intorno), l’adozione di precauzioni da parte del consumatore per conservare inalterate le caratteristiche del pesce durante il trasporto a casa (evitare soste al sole e impiegare borse termiche con i siberini) e per la successiva conservazione in frigorifero in attesa di essere cucinato al più presto.

La valutazione della freschezza e dello stato di conservazione dei prodotti ittici può avvenire attraverso metodi: sensoriali, fisici, chimici e microbiologici.

I metodi sensoriali consentono di valutare tutte le caratteristiche organolettiche del pesce percepite dai 5 sensi umani. Attualmente in Europa il metodo ufficiale per la valutazione sensoriale dello stato di freschezza dei prodotti ittici (applicabile però solo per il pesce bianco, il pesce azzurro, alcuni crostacei e la seppia) è quello disciplinato dal Regolamento CE 2406/96 che suddivide i prodotti ittici in 4 categorie (Extra, A, B e non idoneo) in base al loro grado di freschezza.

I metodi fisici usati per valutare lo stato di freschezza dei prodotti ittici si basano sulla misurazione della conducibilità e impedenza elettrica muscolare. Gli strumenti utilizzati misurano l’integrità cellulare dei tessuti, rilevando i cambiamenti delle proprietà dielettriche che avvengono nel corso della degradazione del muscolo del pesce. Le proprietà dielettriche della pelle e del muscolo, infatti, si alterano all’aumentare del tempo di stoccaggio e sono correlate a variazioni delle caratteristiche sensoriali del pesce.

Tra i metodi chimici, utilizzati nel nostro laboratorio analisi, ci sono quelli per la ricerca di AZOTO BASICO VOLATILE TOTALE (abvt) e di TMA (trimetilamina) previsti dal Reg. CE 854/2004 in caso di sospetto della freschezza del pesce.

Il metodo per la determinazione dell’azoto basico totale si basa sulla misura della frazione dell’azoto prodotto da enzimi e batteri che demoliscono le proteine muscolari, durante i processi di deterioramento del prodotto ittico. Il Reg. CE 2074/2005 individua le specie ittiche per le quali è fissato un valore limite di ABVT, stabilisce i rispettivi valori limite delle concentrazioni e fornisce indicazioni sui metodi di analisi di riferimento per la determinazione di tali concentrazioni. La trimetilamina (TMA), invece, è una delle basi azotate volatili che si formano durante i processi alterativi dei prodotti ittici, dopo la loro morte. In genere ad elevate quantità di TMAO (ossido della TMA), corrisponde sempre un migliore stato di conservazione del prodotto, soprattutto se a tale dato è associata una bassa concentrazioni di TMA. Il tenore di TMA, infatti, aumenta nel corso del periodo di conservazione, mentre subisce una graduale diminuzione nella fase di putrefazione del prodotto parallelamente alla riduzione di TMAO.

Food Safety Lab

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